Pubblicato su Conquiste del lavoro, 10 Dicembre 2014
“Adda passà ’a nuttata”, lo affermava Eduardo De Filippo in una sua famosa commedia. E la stessa frase speranzosa la pronunciano in tanti che si augurano si possa voltar pagina dopo la brutta storia di “Mafia Capitale”. Ma, forse, l’esclamazione di Eduardo anche altri, i delinquenti, la utilizzano. Perché in questo Paese la speranza del cambiamento, passato il momento topico e mediatico, affoga nell’indifferenza della politica e nei giochi di potere non sempre leciti. E’ un copione che si ripete e che inesorabilmente aumenta il distacco tra i cittadini e le istituzioni viste come il coacervo di tutti gli interessi inconfessabili. “Senza legalità predomina il più forte” lo dichiara il segretario di stato vaticano Pietro Parolin. Proprio quella legalità che dovrebbero garantire gli uomini delle istituzioni e che diventa ambigua, dalla doppia faccia, a seconda degl’interessi, non legittimi, da tutelare.
Lo spaccato che viene fuori dalle indagini della Procura della Repubblica di Roma è allarmante, ma fa riflettere. La malavita organizzata tesse la sua tela dove finiscono, per scelta consapevole e ben remunerata, politici ed alti funzionari. Appalti, contratti vengono truccati a favore degli “amici” che ricambiano i favori con elargizioni di “mazzette”, oppure finanziando legalmente (sic) le campagne elettorali dei politici sodali o di quelli che potrebbero divenire tali. Dal 2003 al 2013 la galassia delle cooperative che fanno capo a Salvatore Buzzi ottiene dalle amministrazioni pubbliche romane e laziali 221 appalti. Numeri grossi che non hanno fatto suonare nessun campanello d’allarme visto che l’indagine parte da un ritrovamento, al largo delle coste di Alghero, di 500 chilogrammi di cocaina che tagliata e venduta avrebbe fruttato circa duecento milioni di euro. Chi comincia il racconto criminale è lo skipper Roberto Grilli che arrestato fa i primi nomi della cupola romana. Se non ci fosse stato quel ritrovamento con molta probabilità tutto sarebbe continuato. E qui nasce il primo interrogativo. Ma chi controlla la leicità di certi appalti? E se in un grande comune, sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale, può capitare quello che si è visto a Roma, nei piccoli e medi comuni che avviene?
C’è poi il discorso che riguarda i partiti e la politica. Non è rassicurante né propositiva la gazzarra nata sulla brutta storia di Mafia Capitale. Tutti contro tutti nell’addossare responsabilità e pretendere meriti passati o presenti, a seconda dei casi. Insomma, la campagna elettorale è sempre dietro l’angolo e non si riesce mai a ragionare prescindendo da essa. Il presidente del Consiglio Renzi, giustamente, ha affermato che: “Non lasceremo la Capitale in mano ai ladri”. Come? In che modo? Renzi forse avrà in testa iniziative e provvedimenti che prevedono azioni di pulizia interna al Pd romano e non solo. Ha già commissariato il suo partito a Roma con un soggetto d’eccezione: Matteo Orfini, presidente dell’Assemblea nazionale del Pd. Inoltre, sta sostenendo il sindaco di Roma, Ignazio Marino, nelle sue iniziative di pulizia interna all’Amministrazione e alla Giunta. Ma proprio perché la questione Roma oltre confine è vista, a torto o ragione, come un problema nazionale, bisogna affrontarla mettendo da parte le logiche di partito finalizzate agli interessi elettorali. Sarebbe utile, e per certi versi rivoluzionario, se il capo dell’Esecutivo, e segretario del Pd, convocasse un incontro ad hoc tra tutti i partiti sulla tematica del malaffare a Roma Capitale. Un momento d’unità per fare due cose: impegno non a parole per mettere fuori gioco i personaggi “chiacchierati”, che spesso si conoscono e si sopportano perché portatori di voti. Prevedere, altresì, semplici regole per dare quanta più trasparenza possibile agli appalti.
La vera paura per i cittadini è che “la nuttata” passerà e tutto ricomincerà come prima, anzi peggio di prima.